Articolo scritto dal Dott. Giuseppe Francia per Zetamedica

Giuseppe Francia

INTRODUZIONE

 

La tiroide è una ghiandola endocrina situata alla base del collo, in posizione anteriore e mediana, che produce   due ormoni, tiroxina (T4) e triiodotironina (T3), contenenti rispettivamente   4 e 3 atomi di iodio. La sintesi degli ormoni tiroidei è a sua volta stimolata da un ormone dell’ipofisi, piccola ghiandola localizzata alla base dell’encefalo, denominato tireotropina (TSH). La T3, che è il vero composto attivo, deriva in gran parte (80%) dalla conversione periferica della T4, che avviene attraverso il distacco enzimatico di un atomo di iodio; solo in parte la T3 viene secreta direttamente dalla tiroide come tale

Il termine ormone prende origine dal verbo greco “ormao” che significa stimolare, mettere in azione.  La T3, agendo a livello del nucleo delle cellule, regola la sintesi di proteine enzimatiche coinvolte nel funzionamento dell’apparato cardiovascolare, dei muscoli e del sistema nervoso così come nello sviluppo somatopsichico. Anche la produzione di calore ed il metabolismo lipidico, proteico e glucidico sono sotto il controllo degli ormoni tiroidei. Da questa breve introduzione si evince che le alterazioni, in eccesso e in difetto, della funzione tiroidea possono avere un impatto assai rilevante sullo stato di salute.

 

IPOTIROIDISMO

 

La prevalenza della forma conclamata oscilla tra 0,1-3% della popolazione con netta prevalenza nelle donne rispetto agli uomini (4-7 volte). La grave carenza iodica, la causa più frequente in passato, è quasi del tutto scomparsa nei paesi occidentali grazie alla supplementazione iodica, anche se una carenza lieve-moderata persiste tuttora in alcune aree geografiche europee, tra cui l’Italia. In alcuni paesi del terzo mondo il problema invece non è ancora stato del tutto risolto.

L’ipotiroidismo congenito, da grave carenza iodica materno-fetale o difettoso sviluppo della ghiandola (agenesia/disgenesia), può causare delle alterazioni neurologiche e psicomotorie anche gravi che, nella forma estrema, configurano il quadro del cosiddetto “cretinismo” endemico, oggi per fortuna assai raro.

Quando insorge nell’adulto, quasi sempre l’ipotiroidismo riconosce una etiopatogenesi autoimmunitaria. In questa condizione il sistema immunitario aggredisce la ghiandola, come se fosse un organo estraneo, e ne provoca gradualmente la distruzione. Altre cause di ipotiroidismo sono iatrogene, da tiroidectomia, da terapia con Iodio radioattivo dell’ipertiroidismo o da farmaci (amiodarone, litio, interferone, alcuni farmaci antitumorali di nuova generazione).

La sintomatologia e i segni, nei casi gravi e conclamati, sono talmente tipici da condurre immediatamente alla diagnosi: faccia gonfia, amimica, lentezza nell’eloquio e nella ideazione, cute ispessita, giallognola e fredda, voce rauca, debolezza e crampi muscolari, riflessi rallentati, ritenzione idrica, depressione, aumento ponderale, ipotermia, disturbi della sfera sessuale e stipsi. Il rallentamento psicomotorio, l’ipotermia, il collasso cardiocircolatorio e il deterioramento dello stato di coscienza possono essere talmente gravi da esitare nel cosiddetto “Coma mixedematoso”, oggi per fortuna evento assai raro.

Sono comuni le complicanze cardiache (bradicardia, versamento pericardico, scompenso cardiaco) ed aterosclerotiche (cardiopatia ischemica), anche gravi. L’ipotiroidismo nella donna gravida, se non trattato, è gravato da un elevato rischio di complicanze materne e fetali.

Attualmente sono molto più frequenti le forme di lieve-media gravità, nelle quali la sintomatologia è assai più sfumata e spesso assai poco specifica. Una situazione sempre più diffusa e ormai di gran lunga prevalente, causata dalla crescente diffusione dello screening di massa della funzione tiroidea, è quella definita come Ipotiroidismo subclinico, caratterizzata da un innalzamento, in genere modesto, del TSH, segnale precoce di iniziale ipofunzione tiroidea, in presenza di ormoni tiroidei ancora normali e in assenza di sintomi specifici. La prevalenza di questa forma, quasi sempre su base autoimmune, può raggiungere il 10-15% nelle donne oltre i 65 anni.

 

TERAPIA

 

Si basa sulla supplementazione con ormone tiroideo sintetico (l-tiroxina). Le compresse (sale sodico di l-tiroxina) rappresentano la terapia tradizionale. Esse devono essere disciolte nell’ambiente acido dello stomaco per poter essere assorbite nell’intestino tenue, per cui devono essere assunte 30’-60’ minuti prima di colazione o 3-4 ore dopo cena. Un notevole progresso è stato fatto con il recente ingresso in commercio della formulazione in capsule gel e di quella in soluzione liquida idroalcolica, il cui assorbimento non richiede l’acidità gastrica. Da studi recentissimi sembra addirittura che la forma liquida possa essere assunta anche con la colazione. La dose del farmaco e l’adeguamento posologico nel tempo vanno individualizzati in base all’età, al peso corporeo, alle comorbilità e ai valori ormonali.

 

IPERTIRODISMO

 

Costituisce un complesso assai eterogeneo di sintomi conseguente alla eccessiva esposizione dei tessuti agli ormoni tiroidei, sintetizzati e secreti in maniera sovrafisiologica dalla tiroide. La prevalenza di questa patologia oscilla dal 1 al 2% con netta prevalenza nel sesso femminile (3-4 volte). L’ipertiroidismo riconosce come cause principali una stimolazione incontrollata della ghiandola da parte di autoanticorpi che interagiscono con i recettori del TSH, riproducendone l’azione e quindi attivando la cascata enzimatica che conduce alla formazione degli ormoni tiroidei (Morbo di Graves-Basedow), ovvero l’evoluzione in senso iperfunzionante di uno o più noduli, in genere presenti da anni (gozzo tossico uni o multinodulare). La prima forma è quella prevalente nei pazienti giovani-adulti, mentre la seconda, caratterizzata da una sintomatologia più insidiosa e più graduale, predilige gli anziani.

 

SINTOMATOLOGIA

 

I sintomi e i segni sono riconducibili all’esaltata attivazione funzionale dei vari organi ed apparati. L’intolleranza al caldo, l’ipersudorazione calda, l’astenia, il cardiopalmo, l’insonnia, la diarrea sono tra i sintomi d’esordio più tipici nel Morbo di Graves-Basedow. La cute è calda ed umida per vasodilatazione cutanea, finalizzata a disperdere l’eccesso di calore. Particolarmente importante e grave, specialmente nell’anziano, può essere l’interessamento cardiovascolare, che si manifesta con un aumento della frequenza cardiaca, aritmie (fibrillazione atriale), scompenso cardiaco, dispnea, specie dopo sforzo ed aumento della pressione sistolica. Nella forma autoimmune, caratterizzata da un esordio più drammatico e da livelli ematici degli ormoni tiroidei generalmente più elevati, la perdita di peso, nonostante l’appetito sia conservato, è pressoché costante. Frequenti le alterazioni neurologiche e psichiche, quali i tremori, l’accentuazione dei riflessi osteotendinei e lo stato ansioso. Complicanza del M. di Graves-Basedow è l’oftalmopatia, che compare nel 30-50% dei casi ed è dovuta ad una reazione anticorpale crociata verso alcuni antigeni dei fibroblasti del tessuto orbitario. Questa si manifesta con una protrusione oculare di grado lieve-moderato (esoftalmo), infiammazione dei tessuti molli periorbitari e diminuita motilità dei muscoli oculari. In casi rari la malattia oculare può progredire verso alterazioni più gravi che possono compromettere la funzione visiva. L’accentuato turnover osseo può causare grave osteoporosi, specialmente nelle donne in post-menopausa e negli anziani, con conseguente aumentato rischio di fratture ossee. Come nell’ipotiroidismo, l’ipertiroidismo può influire negativamente sulla gravidanza e sullo sviluppo del feto.

 

TERAPIA

 

Nella forma autoimmunitaria la terapia in prima istanza è medica, basata sulla somministrazione di molecole che interferiscono con la sintesi dell’ormone tiroideo, impedendo allo Iodio di legarsi alla tirosina, suo precursore. L’unico farmaco disponibile nel nostro paese è il metimazolo. Il ciclo terapeutico deve durare almeno 12-18 mesi, in attesa e nella speranza che il processo autoimmunitario si esaurisca, evenienza che si verifica in non più del 30-40% dei pazienti.  Più frequentemente la malattia non guarisce ovvero recidiva, dopo un periodo più o meno lungo di remissione. Le soluzioni in questi casi sono rappresentate dalla distruzione della ghiandola con lo Iodio radioattivo, la continuazione o la ripresa della terapia con metimazolo a lungo termine, se è in grado a basso dosaggio di controllare la malattia, o in casi selezionati, caratterizzati dalla presenza di gozzo importante e/o noduli, l’intervento chirurgico. Nelle forme sostenute da noduli iperfunzionanti la terapia medica, salvo in casi selezionati, riveste un ruolo secondario e provvisorio, mentre le opzioni preferibili sono rappresentate dalla terapia radiometabolica con Iodio radioattivo o chirurgica, in grado di risolvere in maniera definitiva il problema.

 


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